A Batalha de Magenta, Magenta, Itália (La Battaglia di Magenta) - Gerolamo Induno
Magenta - Itália
Museu do Risorgimento Milão
OST - 208x364 - 1861
La Battaglia di Magenta è un quadro di Gerolamo Induno, che lo dipinse nel 1861.
Il dipinto, che ritrae in modo vivido l'importante battaglia risorgimentale,
venne infatti destinato a figurare tra le opere d'arte pittorica della Esposizione Nazionale Italiana inaugurata a Firenze il 15 settembre di quell'anno. L'opera venne premiata con la medaglia d'oro, ma il suo
autore, insieme ad altri artisti vincitori, vi rinunciò per protesta contro il
mancato riconoscimento di altri artisti meritevoli.
Oggigiorno il dipinto è conservato al Museo del Risorgimento di Milano.
A differenza
di altri pittori delle battaglie risorgimentali, Induno presenta una scena
tratta dal combattimento della Battaglia di Magenta negli
ultimi attimi bellici, celebrando la vittoria dei franco-piemontesi sugli
austriaci nella prima grande battaglia che condurrà alcuni giorni dopo il suo
svolgimento alla liberazione di Milano. Il realismo del campo di battaglia e degli "eroi
comuni" era dato dal fatto che l'Induno fu veramente presente alla maggior
parte delle battaglie del risorgimento italiano come altri pittori del suo
tempo, e si distinse in particolare in Crimea nel 1855.
La composizione riporta al centro gli
austriaci con le giubbe bianche nel tentativo di sferrare gli ultimi disperati
attacchi ai franco-piemontesi schierati ai lati della rappresentazione. La
scena si svolge in periferia della città di Magenta nei pressi della stazione ferroviaria dove
effettivamente si svolsero gli scontri principali della battaglia.
La scena
centrale è rappresentata dallo scontro corpo a corpo tra un turco ed un soldato
austriaco in primo piano, nei pressi di un cannone, mentre sulla destra
l'imperatore francese Napoleone III cavallo in
veste di generale incita i suoi uomini a proseguire la battaglia. Sullo sfondo
si vede la conformazione della città di Magenta all'epoca con alcuni monumenti tipici come Casa Giacobbe (al centro con la torretta) ed il campanile
della scomparsa chiesa parrocchiale di San Martino (a destra).
La scena del dipinto è stata ripresa anche
per la realizzazione di un francobollo commemorativo della Repubblica Italiana per
la celebrazione dei 100 anni della Seconda guerra d'indipendenza nel 1859.
La battaglia di Magenta è un episodio della seconda
guerra di indipendenza italiana. Fu combattuta il 4 giugno 1859 a Magenta, fra l' Impero austriaco e la Francia.
Alla battaglia parteciparono anche alcune unità del Regno di
Sardegna alleato della Francia.
Fu la prima delle due grandi
battaglie, assieme a quella di Solferino
e San Martino, che porteranno i franco-piemontesi alla vittoria
finale. La battaglia di Magenta, detereminando la liberazione di Milano, può essere considerata come uno degli
scontri decisivi per il processo di unificazione italiana.
Alla fine di maggio del 1859 il
comando dell'esercito austriaco in Italia era in preda al disorientamento. Il
suo comandante, il generale Ferenc Gyulay, si attendeva che il comandante
dell'esercito nemico, Napoleone III di
Francia avrebbe attaccato a sud forzando il Po a Frassineto (poco a est di Casale Monferrato) e a Valenza. I francesi invece stavano iniziando
la loro manovra più a nord, protetti prima dal Po e poi dal Sesia, superato il
quale presso Vercelli avrebbero cominciato l’aggiramento dell'ala destra
austriaca. La copertura di questa manovra era stata affidata all'esercito
piemontese comandato da Vittorio
Emanuele II di Savoia. I piemontesi avrebbero infatti dovuto impegnare
e bloccare gli austriaci al centro e consentire l'aggiramento di Napoleone III
verso Milano.
Solo dopo le sconfitte subite il
30 e il 31 maggio a Vinzaglio e a Palestro,
il comando austriaco si accorse del tranello tesogli dal Piemonte e dalla
Francia e ordinò che il grosso dell'esercito fosse spostato, attraverso Vigevano ed Abbiategrasso, dalla Lomellina a Magenta. Gli
austriaci retrocedono, stabilirono così una linea difensiva tra il Naviglio Grande ed il Ticino; gli austriaci fecero saltare il ponte
napoleonico posto a metà strada tra Magenta e Trecate per ostacolare l'avanzata dei
franco-piemontesi, ma questo resistette e in parte rimase transitabile.
La notte tra il 2 ed il 3 giugno
il genio francese,
protetto dall'artiglieria, gettò un
ponte di barche di 180 metri di fronte a Turbigo: iniziò così il passaggio del II Corpo
d'armata che sarà anche il primo a sostenere i primi scontri con gli austriaci.
Il 3 giugno il comando transalpino decise, allo scopo di garantire la tenuta
dei due importantissimi passaggi sul fiume da poco conquistati, una modifica
dell'assetto delle formazioni militari: la prima divisione della Guardia
Imperiale (comandata dal generale Émile Mellinet) venne inviata a sostituire Espinasse
a San Martino di
Trecate, mentre a Mac Mahon con il resto del 2° corpo d'armata fu
ordinato di portarsi a rinforzare la posizione del generale Camou a Turbigo, dove pur poco dopo giunse il generale
Espinasse con le sue truppe. Alle spalle di Mac Mahon si sarebbero nel
frattempo posizionate quattro divisioni dell'esercito sardo. Mentre tali
manovre venivano eseguite, i francesi vennero a conoscenza del fatto che gli
austriaci avevano riconquistato Robecchetto,
poco più a est di Turbigo, e pertanto Mac Mahon ordinò alle proprie truppe di
scacciar gli austriaci che si erano posizionati nel borgo per non avere
ostacoli, affidando l'operazione al generale de la Motterouge, il quale riuscì
a consolidare la posizione dei francesi in loco. Questa azione permise a Mac
Mahon di completare l'attraversamento del fiume da parte del resto delle truppe
francesi.
La mattina del 4 il
generale Mac Mahon divise
le sue truppe in due colonne dirigendo la Seconda Divisione guidata dal
generale Espinasse verso Marcallo con Casone e
la Prima Divisione di De La Moutterouge verso Boffalora sopra
Ticino. Intanto le truppe austriache tardano ad arrivare e il
generale austriaco Clam-Gallas dispone
le sue forze a triangolo con i vertici a Magenta, Marcallo e Boffalora.
Espinasse, che doveva coprire un
tratto più lungo di strada, partì all'alba, alle 5.00. De La Motterouge,
diretto a Boffalora, si era avviato molto più tardi, alle 9.30, ma raggiunse
comunque con rapidità l'obbiettivo, solo parzialmente rallentato da piccoli
scontri con gli avamposti nemici.
Non appena Napoleone III sentì tuonare verso
mezzogiorno il cannone, dal suo osservatorio nella torre di San Martino di Trecate,
convinto che l'attacco di Mac Mahon fosse in atto, ordinò alle truppe in attesa
presso il Ticino di muoversi verso i ponti sul Naviglio a Boffalora, Ponte Vecchio e Ponte Nuovo.
Gli austriaci fecero saltare i primi due; il ponte della dogana con quello della
ferrovia, poco più a valle, rimasero così l'unico passaggio per raggiungere la
sponda sinistra del canale. Ma Mac Mahon era fermo in attesa di coordinare i
movimenti delle sue colonne ed il III Corpo d'Armata francese tardò a giungere
da Novara sul campo di battaglia.
Nel pomeriggio, verso le 15.00,
iniziarono intanto ad arrivare da Abbiategrasso il grosso delle truppe
austriache il cui ingresso in linea rese la situazione critica per i francesi;
gli austriaci, ottimisti oltre misura, inviarono persino a Vienna un telegramma che annunciava una
schiacciante vittoria a Magenta, ma i giochi non si erano ancora conclusi.
Sempre più pressati, gli
austriaci attaccarono con decisione gli zuavi transalpini in località Ponte Nuovo di
Magentariuscendo a respingerli oltre il Naviglio. La frazione di
Magenta fu per ore il punto focale della battaglia: mentre nuovi reparti
austriaci continuavano ad affluire sul luogo, i reparti della Guardia Imperiale
francese, dopo averlo perduto in un primo tempo, riconquistarono il ponte sul
Naviglio. Più a sud, a Ponte Vecchio,
reparti del 3° corpo d'armata del generale Canrobert stavano vivendo momenti
non divesi. La posizione fu conquistata e perduta più volte, fino alla
definitiva occupazione da parte dei francesi.
Dopo accaniti combattimenti dall'esito
incerto i francesi riuscirono a passare il Naviglio a Ponte Nuovo solo quando
gli austriaci, minacciati sul fianco destro da Mac Mahon, che aveva prontamente
risposto all'attacco a Boffalora col
generale de La
Motte-Rouge, decisero di ritirarsi attestandosi a Magenta.
Nei combattimenti cadde il
generale francese Gustave Cler e
rischiò di morire anche il generale Mellinet che per ben due volte ebbe il
cavallo abbattuto sotto la propria sella.
Mac Mahon, dopo aver fatto porre
in posizione difensiva la divisione di De La Motterouge, era andato alla ricerca
della divisione Espinasse, la cui marcia era stata lentissima. I francesi,
ritrovata la divisione di Espinasse, la inviarono verso Marcallo dove trovarono
una resistenza relativa: il generale Clam-Gallas, infatti, scioccato dalla
perdita della linea verso il Naviglio, decise di puntare al mantenimento della
difesa di Marcallo allo
scopo di impedire che i francesi potessero troppo facilmente puntare su
Magenta, ma vi inviò solo due brigate, il che rappresentò uno dei maggiori
errori tattici austriaci della giornata. Marcallo non venne ripresa e peraltro
una delle due brigate inviate venne sottratta al fronte di Boffalora, fatto che
aveva consentito alla Guardia Imperiale di Napoleone III di irrompere tra le linee
nemiche, tagliandole in due, e ricongiungendosi con la divisione di De La
Motterouge: l'armata francese, così facendo, andò progressivamente riunendosi e
accerchiando lo schieramento asburgico. Gli austriaci, sempre più determinati,
opposero ad ogni modo una strenua resistenza negli scontri che provocarono così
ampie perdite su ambo i fronti.
La situazione a Pontenuovo ed a
Pontevecchio era divenuta però insostenibile anche per le "giubbe
bianche" e pertanto gli austriaci ripiegarono sempre più verso la città di
Magenta, dove era ormai palese si sarebbero giocati gli scontri principali.
L'armata francese si dispose
quindi a semicerchio intorno alla città di Magenta, circondando il bordo da
nord-nord-est, nord, ovest e ovest-sud-ovest. Le divisioni di Espinasse, Camou,
De La Motterouge, Mellinet e Vinoy, con l'appoggio di elementi della divisione
piemontese del generale Fanti, mentre calavano ormai le prime ombre
della sera, attaccarono l'abitato, entro il quale si erano asserragliati gli
austriaci.
Gli scontri in paese furono
violentissimi (molti vennero condotti ad arma bianca o alla baionetta). La
battaglia divampò anche attorno alla stazione ferroviaria di
Magenta; gli austriaci si ritirarono nelle abitazioni civili
sperando di difendere il territorio metro a metro.
La rilevanza strategica della
stazione ferroviaria era rappresentata, per parte degli austriaci, dalla
possibilità di costituire un valido caposaldo, attestandosi sia nell'edificio
sia al riparo presso il rilievo del tracciato ferroviario; per parte francese
la conquista della stazione avrebbe consentito di far giungere rapidamente a
Magenta rinforzi e rifornimenti da Novara e paesi limitrofi sfruttando proprio
la linea ferroviaria. La stazione, inaugurata solo un anno prima (18 giugno
1858) fu una delle ultime postazioni austriache a cadere.
Il generale Espinasse venne
colpito nei pressi di Casa Giacobbe, ma
la sua colonna e quella di Mac Mahon, con una manovra "a tenaglia",
attaccarono il nemico trincerato nel centro cittadino di Magenta. Casa
Giacobbe, abitazione ubicata in posizione strategica in periferia, era difesa
strenuamente dalle "giubbe bianche" anche in virtù della presenza di
una torretta che consentiva di controllare il territorio circostante e,
soprattutto, la vicina strada ferrata.
Verso sera, i bersaglieri della
divisione del generale Fanti giungono a coprire il lato sinistro
degli alleati. Gyulaj decise di optare per la ritirata strategica meditando un
contrattacco che però poi non avvenne. Alla sera del 4 giugno, dopo la
vittoriosa battaglia, l'imperatore Napoleone III nominò Mac Mahon al grado
di Maresciallo di
Francia (massimo grado nella gerarchia militare transalpina) ed
al titolo di Duca di Magenta.
Vittorio Emanuele II concesse a Napoleone III la medaglia d'oro al valor
militare, malgrado il fatto che l'imperatore non fosse intervenuto
personalmente negli scontri.
All'alba del 5 giugno, vi fu un
velleitario attacco austriaco a Pontevecchio (effettuato perlopiù per
proteggere il ripiegamento del grosso delle truppe), prontamente respinto dai
francesi che nelle ore successive presero indisturbati le loro posizioni sul
territorio.
Le truppe del corpo di spedizione
agli ordini del maresciallo François
Certain de Canrobert provenivano perlopiù dall'Africa dove
erano state armate e dove la situazione sembrava pacificata dopo la conquista
francese dell'Algeria.
Il 1° reggimento della legione
straniera giunse dall'Africa in Corsica, mentre il 2° sbarcò a Marsiglia, giungendo poi a Genova il 26 aprile, a bordo della nave
"Vauban". I due reggimenti si ricongiunsero nuovamente il 14 maggio
1859 in Piemonte e formarono la 2^ brigata della
2^ divisione del 2° corpo d'armata.
La 2^ divisione era comandata dal
generale Charles-Marie-Esprit
Espinasse, il 2° corpo d'armata era agli ordini del generale Mac Mahon.
Il primo scontro che queste truppe si trovarono ad affrontare fu la Battaglia di
Montebello nei pressi di Voghera.
Le colonne continuarono poi a
risalire il corso del Ticino a nord del Po,
attraversando il Sesia e poi giungendo a
scontrarsi nuovamente con gli austriaci nella battaglia di Turbigo il
2 giugno. Il 3 giugno il corpo si trovava a Trecate dove il corpo prese parte all'attraversamento
del fiume Ticino sul ponte
di Boffalora dove diede il proprio contributo con 7 pezzi
d'artiglieria posti a difesa del ponte quando questo non riuscì ad essere fatto
saltare completamente dagli artificieri austriaci.
I combattimenti ripresero la mattina
del 4 giugno. All'inizio dell'azione bellica, la legione si trovava in
posizione verso Marcallo e
ricevette subito il grosso dell'esercito austriaco, non riuscendo a
controbattere immediatamente. Gli zuavi a Magenta ebbero un ruolo fondamentale nel
passaggio di Ponte Nuovo e
nella presa di Casa Giacobbe dove
si distinsero per la particolare determinazione nel raggiungimento
dell'obbiettivo.
Nella mischia della battaglia di
Magenta, la bandiera del 2° reggimento zuavi finì in pericolo in quanto il suo
alfiere rimase ucciso, ma essa venne prontamente raccolta e gli zuavi
continuarono a combattere imperterriti. Lo zuavo Dauriere e l'aiutante
Savières, addirittura, riuscirono poi ad impossessarsi della bandiera del 9°
reggimento austriaco. Qualche giorno dopo, il generale Mac Mahon, inviò agli
zuavi questo ordine del giorno:
«L'imperatore, volendo ristabilire
vecchie e gloriose tradizioni, a deciso che il reggimento che conquista una
bandiera al nemico, porterà la croce della Legion d'onore sotto la sua
aquila. Il 2° zuavi che, primo in questa campagna, ha conquistato a Magenta
la bandiera del 9° reggimento austriaco, riceverà domani, per ordine di Sua
Maestà, la decorazione che ha gloriosamente conquistata sul campo di
battaglia.»
|
L'indomani il
maresciallo Mac Mahon tornò all'accampamento di Magenta e, di fronte alle
truppe che presentavano le armi, decorò l'aquila in cima all'asta della
bandiera che, tra l'altro, durante la battaglia era stata trapassata da una
palla nemica. Lo zuavo Dauriere fu fatto cavaliere della Legion d'onore.
Come per la campagna di Crimea,
l' Armée d'Afrique venne
chiamata a fornire un proprio contingente per la campagna d'Italia. Ciascuno
dei tre reggimenti di Tirailleurs algériens (chiamati
dai francesi Turcos)
fornirono un battaglione di 1100 soldati al fine di creare un reggimento
provvisorio per operare nella seconda
guerra d'indipendenza italiana, composto da tre battaglioni da sei
compagnie ciascuno. Il comando di tale corpo venne affidato al colonnello Laure,
del 2° reggimento tiratori algerini. I turcos attaccarono con grande coraggio e decisione, e
l'insolita presenta dei soldati di colore
francesi [i nordafricani appartengono alla cosiddetta "razza
bianca"] sarebbe rimasta a lungo
impressa nella memoria e nella fantasia degli italiani.
«"Questi algerini non avevano
impressionato soltanto gli austriaci, ma anche i magentini. Vi sono ancora in
paese testimoni oculari, o meglio auricolari della battaglia, che narrano di
aver veduto morire nella loro casa degli algerini che, nei momenti estremi,
invece di invocare Gesù o la mamma, chiamavano Maometto. Altri, e qui la
fantasia lavora, mangiavano i polli crudi...".»
|
(Carlo Pedrazzini, in Magenta,
Istituto Editoriale Cisalpino, Varese, 1935)
|
Alla fine dello scontro di Magenta,
i turcos contarono in
tutto 31 morti e 144 feriti.
Le perdite ufficiali dichiarate
dagli stati maggiori, per la sola giornata del 4 giugno, furono di 4535 uomini
(tra ufficiali e soldati, morti o feriti) per i franco-piemontesi e 10.226 per
gli austriaci. A queste cifre devono però essere aggiunti i soldati deceduti
più tardi come conseguenza delle ferite riportate in battaglia. Nello scontro
morirono anche 8 civili magentini, in parte perché imprudentemente uscirono per
le strade durante i combattimenti, in parte perché probabilmente cercarono di
dare manforte all'esercito liberatore. Nello scontro morirono nelle file dei
francesi anche il generale Esprit
Charles Marie Espinasse ed il suo ufficiale d'ordinanza, il
tenente Froideond, come pure caddero alla testa delle loro truppe i colonnelli
Drouhot del 65° di fanteria di linea e Marie Louis Henry de Granet-Lacroix de Chabrières del
2° reggimento straniero.
La battaglia di Magenta aprì la
strada verso la conquista di Milano che venne
raggiunta dai franco-piemontesi senza ulteriori combattimenti l'8 giugno, alle
8.00 del mattino, sfilando sotto l'Arco della Pace in corso Sempione. Il giorno successivo i
due sovrani, accompagnati dalle rappresentanze dei loro eserciti, assistettero,
alle 10.30, nel Duomo della
ormai ex capitale del Regno Lombardo-Veneto,
a un solenne Te Deum di ringraziamento. Altri
festeggiamenti seguirono due giorni dopo dove si tenne anche lo spettacolo al
teatro della Scala.
Gli austriaci, ritiratisi da
Milano e dagli altri maggiori centri della Lombardia occidentale, si disposero
ad organizzare la riscossa nel territorio del Quadrilatero (compreso tra
Peschiera del Garda, Mantova, Verona e Legnago).
Per quanto la battaglia alla fine sia
risultata una vittoria per i francesi, essa fu molto meno semplice di quanto
era stato previsto sulla carta e vi furono molti punti che vennero ampiamente
criticati anche dagli storici successivi. Innanzitutto venne messa in
discussione la leadership di Napoleone III:
«[...] In essa [la battaglia di
Magenta] Napoleone fu presente dall'inizio alla fine, essendo rimasta famosa
la sua figura che per tre ore filate si trattenne immobile sul ponte di San Martino di
Trecate, detto anche "ponte
di Boffalora", sul Ticino, fino a che, a toglierlo da quella
immobilità ed a risvegliarlo da quella specie di torpore mentale che in lui
fu notato, rotto solamente dalla parola "resistere", l'unica che
egli poteva dire in risposta alle richieste di aiuto inviategli dai comandanti
dei reparti, venne il rombo del cannone di Mac Mahon".»
|
(Carlo Arrigoni, in Napoleone
vincitore e vinto nella campagna d'Italia del 1859', da "La
Martinella di Milano", marzo-aprile 1959)
|
Per il ruolo avuto dai piemontesi, il
cui apporto alla battaglia, nei drammatici scontri di Magenta, fu di scarso
rilievo, si mossero non poche critiche già dai contemporanei. La sola divisione
(e neppure intera) del generale Fanti, nella fase di posizionamento, si era
collocata alle spalle di Mac Mahon ed aveva finito quindi col seguirlo nei
combattimenti. Il resto dell'esercito piemontese era giunto ai principali
fronti di battaglia troppo tardi.
«[...] Verso l'imbrunire la voce
del canone cominciò a tacere. I francesi avevano vinto, e avevano vinto da
soli. I reparti italiani di Fanti sopraggiunsero tardi, a battaglia finita, e
furono presi a fischi e ad ingiurie. Gli zuavi avevano l'impressione che li
si fosse mandati a morire al posto di questi furbacchioni che si presentavano
a cose fatte, mentre sarebbe toccato a loro di battersi per la terra natia.
Era una facile polemica: ma i furori di quella giornata, e l'esaltazione del
trionfano, rendevano ingiusti i vincitori.»
|
(Silvio Bertoli in I
Savoia - Ascesa e caduta di una dinastia, 1984)
|
La storiografia dei vincitori,
inoltre, si scagliò pesantemente sulla figura del feldmaresciallo Gyulai, indicato dai più come incompetente per
essersi fatto "giocare" dai franco-piemontesi ed aver perduto del
tempo prezioso nel movimento delle sue truppe, oltre che per non aver
provveduto adeguatamente alla difesa delle posizione assegnategli. Dopo il fallimento
dell'impresa, il 16 giugno l'imperatore Francesco Giuseppe dovette sollevare
Gyulay dai propri incarichi, assumendo personalmente il comando dell'esercito
austriaco nel milanese. Al fine di mostrare ancora una volta la propria
devozione all'impero austriaco, Gyulay chiese ed ottenne il comando del
reggimento che portava il suo nome, ma fu costretto a rimanere in sede a Mantova che fu una delle ultime
roccaforti austriache a resistere al processo di unificazione italiano. Il
personaggio è ancora oggi tra i più noti del Risorgimento italiano per aver
lasciato moltissime tracce della propria presenza, in particolare nella cultura
dialettale lombarda. Il suo nome infatti compare in molte vignette satiriche
del periodo della seconda
guerra d'indipendenza italiana ed in molte bosinade e canzoni come la
famosa Varda Gyulai composta
proprio in occasione della battaglia di Magenta.
Nella città di Magenta, ogni anno, ha tradizionalmente luogo
una ricostruzione storica con figuranti per ricordare gli avvenimenti della
Battaglia di Magenta.
Nel 2009, in occasione del 150º
anniversario dello scontro, la ricostruzione battaglia è stata spostata in
campo aperto presso un'area periferica della città (e non più nel centro ove
tradizionalmente la sfilata storica aveva luogo) per consentire agli oltre 300
figuranti di avere maggior manovrabilità nelle posizioni.
Casa Giacobbe,
ancora presente, presenta sulla facciata i segni dei proiettili e delle
cannonate del 4 giugno 1859, drammatiche testimonianze di quello scontro; la
residenza è divenuta in seguito di proprietà comunale ed oggi è divenuta un
centro congressi e luogo espositivo del museo
sulla battaglia. La famiglia Giacobbe, proprietaria dell'omonima
villa ove aveva avuto luogo uno degli scontri più sanguinosi del 4 giugno 1859,
fece decorare il portico dell'edificio con un ciclo pittorico in cui è narrato
lo svolgersi degli eventi bellici di Magenta, dipinto ad opera di Giacomo Campi del 1897. Negli anni
immediatamente successivi allo scontro, sull'ondata risorgimentale, la
battaglia di Magenta venne celebrata in diverse opere pittoriche ad opera, tra
gli altri, di pittori italiani del calibro di Giovanni Fattori, Carlo Bossoli e Gerolamo Induno e da artisti francesi
come Gustave Doré ed Eugène
Charpentier.
Poeti come Giosuè Carducci e Giovanni Bertacchi dedicarono
alcuni dei loro componimenti alla battaglia di Magenta o la citarono nelle loro
opere.
A partire dal 1861 a Magenta
venne inoltre realizzato un ossario progettato dal sindaco e architetto
milanese Giovanni Brocca, completato nel 1872. All'interno, tra le numerose
lapidi, sono in bella evidenza quelle dedicate ai generali francesi Espinasse e
Clér, caduti nei combattimenti del 4 giugno. Dal 1904 nell'ossario riposano
anche le ossa dei soldati caduti nei combattimenti lungo la ferrovia che,
subito dopo la battaglia, proprio a ridosso della strada ferrata, erano stati
frettolosamente sepolti. Nel 1893, alla morte del maresciallo Mac Mahon, la città di Magenta ritenne
doveroso dedicargli un monumento. La statua, progettata dallo scultore Luigi Secchi con la collaborazione
di Luca Beltrami,
venne inaugurata nel 1895 e collocata proprio nei pressi della stazione
ferroviaria. La città di Magenta ha dedicato una serie di vie del proprio
centro abitato ad eventi correlati alla battaglia di Magenta: via IV giugno,
via Espinasse, via Cler, via Canrobert, via Fanti.
Lo scontro di Magenta ha lasciato
segni importanti anche nella cultura odierna, come ad esempio il color magenta, una mistura prodotta per la prima
volta nel 1859 e che deve il proprio nome proprio
all'omonima battaglia in ricordo secondo la tradizione del sangue versato sul
campo dagli zuavi francesi. L'episodio della battaglia di Magenta è divenuto
anche ispirazione di una nota canzone per bambini dal titolo appunto La battaglia di Magenta dove
vengono ripercorsi i ruoli dei fanti e dei cavalieri di quel giorno.
La Regia Marina italiana dedicò alla
battaglia di Magenta la pirocorvetta
"Magenta", impostata nel 1859, varata nel 1862 e radiata
nel 1875.
Nella Parigi del secondo impero e in piena
espansione, inoltre, venne realizzato il Boulevard de Magenta proprio
per commemorare la grande vittoria dell'armata francese in Italia.
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