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sábado, 16 de fevereiro de 2019
sexta-feira, 15 de fevereiro de 2019
A Vendedora de Peixes (La Pescivendola) - Vincenzo Campi
A Vendedora de Peixes (La Pescivendola) - Vincenzo Campi
Pinacoteca de Brera Milão
OST - 144x217 - 1576-1580
A Vendedora de Frangos (La Pollivendola) - Vincenzo Campi
A Vendedora de Frangos (La Pollivendola) - Vincenzo Campi
Pinacoteca de Brera Milão
OST - 147x215 - 1590-1591
Pinacoteca de Brera Milão
OST - 147x215 - 1590-1591
Vendedora de Frutas (Fruttivendola) - Vincenzo Campi
Vendedora de Frutas (Fruttivendola) - Vincenzo Campi
Pinacoteca de Brera Milão
OST - 145x215 - 1580
La Fruttivendola è un dipinto a olio su tela (145x215 cm) di Vincenzo
Campi, databile al 1580 circa e conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano. è il dipinto più celebre di una serie che comprende anche
la Pollivendola, la Cucina, la Pescivendola, tutti provenienti
dal convento dei gerolimitani a Cremona, intitolato San Sigismondo.
Si tratta di
opere di forte contenuto naturalistico, concepite sull'esperienza fiamminga
di Pieter Aertsen e Joachim Beuckelaer. Della
stessa serie esiste una replica con poche varianti; si tratta di cinque tele
commissionate dal banchiere Hans Fugger sempre al Campi per la propria sala da pranzo
nel castello di Kirchheim,
dove sono tuttora conservate. La critica dibatte tuttora sulla datazione delle
due serie pittoriche.
La serie in oggetto pervenne alla Pinacoteca
milanese nel 1809, aseguito della soppressione di epoca napoleonica del
convento cremonese, dove era custodita altresì la tela con I mangiatori di ricotta, oggi
conservata al Musée des Beaux Arts di Lione.
Il dipinto
raffigura una fruttivendola nell'atto di mostrare all'osservatore la propria
mercanzia, in particolare protende verso lo spettatore un grappolo di uva nera.
Sullo sfondo, a sinistra, un giovane è salito sui rami di un frondoso albero
per coglierne i frutti, mentre a terra una donna raccoglie altri frutti sul terreno.
Sulla destra il paesaggio si estende fino a perdersi in un villaggio ai piedi
di monti velati di nebbia.
Il pittore organizza lo spazio in maniera
precisa: esalta le superfici degli ortaggi ostentando un piacere contagioso e
immediato. Storicamente il quadro può essere considerato un predecessore di
quello che diventerà un vero e proprio autonomo genere artistico pochi anni
dopo, ovvero la natura morta.
Casamento da Virgem (Spozalizio della Vergine) - Pietro Perugino
Casamento da Virgem (Spozalizio della Vergine) - Pietro Perugino
Museu de Belas Artes de Caen
Óleo sobre madeira - 234x185 - 1502
Museu de Belas Artes de Caen
Óleo sobre madeira - 234x185 - 1502
Lo Sposalizio della Vergine è un dipinto a olio su tavola del Perugino, databile al 1501-1504 e conservato nel Musée des Beaux-Arts di Caen, in Francia.
L'opera venne
originariamente dipinta per la Cappella del Santo Anello nel Duomo di Perugia, dove era conservata la reliquia dell'anello
nuziale della Vergine. La cappella, completata nel 1489,
venne ridecorata dopo che la reliquia venne recuperata nel 1488,
dopo essere stata rubata da una chiesa di Chiusi.
La grande pala d'altare, dopo essere stata
inizialmente commissionata al Pinturicchio, venne poi affidata al Perugino, che vi lavorò dal 1501 al 1504.
Con le soppressioni napoleoniche, nel 1797,
il dipinto fu confiscato tar le spoliazioni napoleoniche da Napoleonee dato allo zio
cardinale Joseph Fesch, le cui collezioni vennero
poi acquistate, nel 1845, in parte da un libraio di Caen in Normandia, Bernard Mancel, il quale nel 1872 le
donò al Museo di Belle Arti di Caen,
allora diretto dal pittore Alfred Guillard. Ogni tentativo del comune di Perugia di riavere l'opera andò fallito.
La
composizione del dipinto richiama la Consegna delle chiavi che
Perugino aveva affrescato circa vent'anni prima nella Cappella Sistina: ricorre infatti nello sfondo il grande
edificio ottagonale a pianta centrale (simbolo del Tempio di Gerusalemme),
alla fine di un pavimento a riquadri prospettici, che amplifica la scena in
primo piano secondo un ideale di razionalità geometrica che è diventato tra gli
emblemi del Rinascimento italiano, soprattutto dopo che venne ripreso anche
da Raffaello in un celeberrimo Sposalizionella Pinacoteca di Brera (1504).
L'edificio si trova alla sommità di una
gradinata, ed ha quattro protiri rinascimentali con archi a
tutto sesto e cupolette in corrispondenza dei quattro lati principali, dove si
aprono verosimilmente quattro portali con timpano triangolare
identici. Il motivo dell'arcata, cieca, si trova anche nei lati minori. Oltre
la cornice marcapiano, il
secondo piano presenta un'intelaiatura decorativa con lesene, marcadavanzale e
cornicione, in cui si aprono finestre rettangolari con timpano ad arco. Il
coronamento, con camminamento balaustrato, è una cupola con tegoli di
laterizio, tagliata dal bordo superiore del dipinto che la fa apparire ancora
più imponente di quello che in realtà possa essere. Si tratta di un edificio
che richiama l'ideale classico del Rinascimento, come lo immaginavano gli
intellettuali dell'epoca basandosi sui trattati di Leon Battista Alberti: in
realtà l'architettura dell'antica Romanon
ha mai prodotto edifici con tali elementi.
Come nella maggior parte delle opere
peruginesche, la composizione è impostata a criteri di simmetria, movimentati
dal variare ritmico delle pose. Attorno al perno centrale del sacerdote, che
sta perfettamente sull'asse dell'edificio centrale e, soprattutto della sua
maestosa porta aperta sullo sfondo, sono disposti san Giuseppe, a sinistra vestito di giallo, con dietro il
corteo maschile, e la Vergine Maria, a destra, seguita dalle donne. Secondo le
storie di Maria infatti ella, appena uscita dal periodo monacale nel Tempio di Gerusalemme, in
cui aveva trascorso tutta l'adolescenza, venne destinata alle nozze ma solo con
colui che portando una mazza fosse stato prescelto da un segno divino. La mazza
di Giuseppe fiorì, mentre quelle degli altri giovani no, infatti
nell'iconografia dell'episodio si vede sempre almeno uno di loro che spezza la
propria mazza con una gamba o il ginocchio. L'evidente senilità di Giuseppe era
anche un elemento che metteva in risalto l'impossibilità di consumazione del
matrimonio, sottintendendo così il dogma della verginità di Maria.
I panneggi ricadono pesanti e luminosi come
macchie di colore, con quell'effetto "bagnato" che Perugino aveva
appreso durante la sua formazione fiorentina nella bottega del Verrocchio.
Il paesaggio sullo sfondo mostra dolci
colline, punteggiate da esili alberelli, che sfumano in lontananza verso
l'orizzonte, dando l'impressione di uno spazio infinitamente vasto e profondo.
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