A Aula de Geografia (La Lezione di Geografia) - Eleuterio Pagliano
Gallerie d'Italia Piazza Scala Milão
OST - 125x180 - 1880
“Ecco l’America dice segnando col dito un
punto del mappamondo, il vecchio professore di geografia; le due scolare stanno
attente per sentire di quell’America, che allora non aveva ancora tanti zii
milionari, ma che faceva sognare forse più tesori in causa delle fandonie
spacciate allora sull’Eldorado e colle quali Voltaire pare che profetasse la
scoperta delle miniere della California” (Chirtani 1880b, p. 387). Con queste
parole Luigi Chirtani accompagnava la riproduzione in incisione della Lezione di geografia sulle
pagine dell’“Illustrazione Italiana”, pubblicata in occasione della sua
presentazione all’Esposizione nazionale di Torino del 1880, che nell’edizione
di quell’anno prevedeva specifici premi per i quadri di genere. Il soggetto,
replicato “parecchie volte e in diverse proporzioni” (Esposizione postuma 1903,
p. 8), era apparso alla rassegna braidense del 1874 e, di nuovo, al Salon del
1879, a conferma del successo riscosso dalla pittura di genere di ispirazione
neo-settecentesca presso il grande pubblico, nonché della raggiunta notorietà
internazionale dell’artista, legato da vincoli commerciali al mercante d’arte
Alphonse Goupil (Lamberti 1998, pp. 60-65). Negli stessi anni in cui la moda
per le scene in costume si diffondeva in Francia e veniva esportata anche in
America, pure a Milano – grazie al talento di pittori come Gerolamo Induno,
Mosè Bianchi, Eleuterio Pagliano – si assistette al successo di questo
repertorio piacevole e disimpegnato, dove la straordinaria qualità tecnica era
messa al servizio di un’arte priva di qualsiasi contenuto o messaggio. Da
questa serie interminabile di opere piccole e preziose, tuttavia, La lezione di geografia si
distingue per l’inquadratura ravvicinata e, soprattutto, per l’ambientazione
all’aria aperta che permetteva all’autore di sperimentare una luce chiara e
diffusa, grazie alla quale valorizzare la tavolozza dai toni pastello ispirata
ai grandi maestri del Settecento. “S’immagina qualche cosa come Tiepolo che
stenda la mano al Greuze”, aveva commentato Giuseppe Mongeri ammirando la
“dolcezza di colori, un’armonia di toni, un’aria diafana, diffusa, carezzevole,
come una sonata tutta sui sordini”, mentre una parte della critica registrava
negativamente quella “raffinatezza soverchia” e, soprattutto, l’allontanamento
dell’artista dalle sperimentazioni sul vero (Chirtani 1880a, p. 1), condotte
insieme al collega e amico Domenico Morelli, precoce interprete delle prime
istanze naturaliste, suo ospite a Milano nel 1861. Tuttavia, proprio
quell’atmosfera sognante che sapeva proiettare il pubblico in un mondo sensuale
e spensierato, garantì lo strepitoso successo dell’artista, le cui opere erano
richieste dalla ricca borghesia alla moda che vi rispecchiava la propria
aspirazione a raggiungere la felicità attraverso la gioia di vivere e la
libertà dei costumi, ed esprimeva nel lusso il proprio potere.
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