quarta-feira, 27 de fevereiro de 2019

A Aula de Geografia (La Lezione di Geografia) - Eleuterio Pagliano


A Aula de Geografia (La Lezione di Geografia) - Eleuterio Pagliano
Gallerie d'Italia Piazza Scala Milão
OST - 125x180 - 1880


“Ecco l’America dice segnando col dito un punto del mappamondo, il vecchio professore di geografia; le due scolare stanno attente per sentire di quell’America, che allora non aveva ancora tanti zii milionari, ma che faceva sognare forse più tesori in causa delle fandonie spacciate allora sull’Eldorado e colle quali Voltaire pare che profetasse la scoperta delle miniere della California” (Chirtani 1880b, p. 387). Con queste parole Luigi Chirtani accompagnava la riproduzione in incisione della Lezione di geografia sulle pagine dell’“Illustrazione Italiana”, pubblicata in occasione della sua presentazione all’Esposizione nazionale di Torino del 1880, che nell’edizione di quell’anno prevedeva specifici premi per i quadri di genere. Il soggetto, replicato “parecchie volte e in diverse proporzioni” (Esposizione postuma 1903, p. 8), era apparso alla rassegna braidense del 1874 e, di nuovo, al Salon del 1879, a conferma del successo riscosso dalla pittura di genere di ispirazione neo-settecentesca presso il grande pubblico, nonché della raggiunta notorietà internazionale dell’artista, legato da vincoli commerciali al mercante d’arte Alphonse Goupil (Lamberti 1998, pp. 60-65). Negli stessi anni in cui la moda per le scene in costume si diffondeva in Francia e veniva esportata anche in America, pure a Milano – grazie al talento di pittori come Gerolamo Induno, Mosè Bianchi, Eleuterio Pagliano – si assistette al successo di questo repertorio piacevole e disimpegnato, dove la straordinaria qualità tecnica era messa al servizio di un’arte priva di qualsiasi contenuto o messaggio. Da questa serie interminabile di opere piccole e preziose, tuttavia, La lezione di geografia si distingue per l’inquadratura ravvicinata e, soprattutto, per l’ambientazione all’aria aperta che permetteva all’autore di sperimentare una luce chiara e diffusa, grazie alla quale valorizzare la tavolozza dai toni pastello ispirata ai grandi maestri del Settecento. “S’immagina qualche cosa come Tiepolo che stenda la mano al Greuze”, aveva commentato Giuseppe Mongeri ammirando la “dolcezza di colori, un’armonia di toni, un’aria diafana, diffusa, carezzevole, come una sonata tutta sui sordini”, mentre una parte della critica registrava negativamente quella “raffinatezza soverchia” e, soprattutto, l’allontanamento dell’artista dalle sperimentazioni sul vero (Chirtani 1880a, p. 1), condotte insieme al collega e amico Domenico Morelli, precoce interprete delle prime istanze naturaliste, suo ospite a Milano nel 1861. Tuttavia, proprio quell’atmosfera sognante che sapeva proiettare il pubblico in un mondo sensuale e spensierato, garantì lo strepitoso successo dell’artista, le cui opere erano richieste dalla ricca borghesia alla moda che vi rispecchiava la propria aspirazione a raggiungere la felicità attraverso la gioia di vivere e la libertà dei costumi, ed esprimeva nel lusso il proprio potere.

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