domingo, 13 de junho de 2021

Tempio di Venere / Templo de Vênus, Circa 1856-1859, Roma, Itália


 



Tempio di Venere / Templo de Vênus, Circa 1856-1859, Roma, Itália
Roma - Itália
Coleção Jane Martha St. John
Fotografia


Il tempio di Venere e di Roma (templum Veneris et Romae; nella tarda antichità noto come templum urbis) era il più grande tempio conosciuto dell'antica Roma. Situato nella parte orientale del Foro romano, occupava tutto lo spazio tra la basilica di Massenzio e il Colosseo. Era dedicato alle dee Venus Felix (Venere portatrice di buona sorte) e Roma Aeterna.
Precedentemente si trovava in questo sito l'atrio della Domus Aurea di Nerone, dov 'era collocato il colosso dell'imperatore, un'enorme statua bronzea alta 35 metri più la base. Quando Adriano decise la costruzione del tempio, procedette a ridedicare la statua al dio Sole e la fece spostare, con l'aiuto di ventiquattro elefanti. I saggi archeologici al di sotto del tempio hanno trovato i resti di una ricca casa di età repubblicana.
L'architetto del tempio fu lo stesso imperatore Adriano. La costruzione, iniziata nel 121, fu inaugurata ufficialmente da Adriano nel 135 e finita nel 141 sotto Antonino Pio. L'opera venne aspramente criticata dall'architetto imperiale Apollodoro di Damasco, che pagò con la vita la sua audacia.
Danneggiato dal fuoco nel 307, fu restaurato dall'imperatore Massenzio. Un ulteriore restauro fu eseguito sotto Eugenio, un effimero usurpatore (392-394) contro Teodosio I, la cui politica mirava alla restaurazione dei culti pagani. Nella tarda antichità al tempio, noto come templum urbis, era associato un collegio sacerdotale, quello dei XIIviri urbis Romae.
Nel 625 iniziò la rovina del tempio, il cui tetto fu rimosso da papa Onorio I per riutilizzarne i materiali nell'antica basilica di San Pietro in Vaticano. Nel IX secolo un terremoto distrusse il tempio. Sul suo lato nord fu costruita, nel IX secolo, la basilica di Santa Maria Nova (dal XV secolo divenuta basilica di Santa Francesca Romana).
Tra il 1933 e il 1935, nel corso dei lavori per aprire la via dei Fori Imperiali, il tempio fu soggetto a un restauro generale, su progetto di Antonio Muñoz. Furono dissotterrate e allineate nella posizione originaria 22 colonne del portico esterno, utilizzando 60 tronchi di granito bigio trovati nell'area; Muñoz fece ricorso, per la ricostruzione degli elementi architettonici mancanti, alla piantumazione di essenze arboree, basandosi sulle sperimentazioni effettuate da Giacomo Boni e da Raffaele De Vico. Oggetto di ricostruzione arborea fu la scala di accesso alla platea, realizzata con gradini di bosso, le murature perimetrali della cella, integrate da arbusti di alloro nelle parti rovinate dal tempo, mentre le colonne mancanti furono ricostruite nel loro volume di base da cespugli di ligustro. L'incuria di decenni aveva danneggiato seriamente le ricostruzioni arboree e l'ultimo restauro le ha definitivamente eliminate. Il monumento, dopo anni di chiusura, è stato riaperto al pubblico nel 2010.

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