segunda-feira, 28 de janeiro de 2019

O Encontro de Vittorio Emanuele II e Garibaldi em Teano, Teano, Itália (L'Incontro di Vittorio Emanuele II e Garibaldi a Teano) - Carlo Ademollo

O Encontro de Vittorio Emanuele II e Garibaldi em Teano, Teano, Itália (L'Incontro di Vittorio Emanuele II e Garibaldi a Teano) - Carlo Ademollo
Teano - Itália
Museu de Capodimonte Nápoles
OST - 1878


Dopo la sconfitta dell’esercito pontificio a Castelfidardo e la presa di Ancona, Vittorio Emanuele II assunse il comando supremo delle forze militari sarde, il 3 ottobre, e, con al fianco il ministro dell’Interno Luigi Carlo Farini e il ministro della Guerra Manfredo Fanti, varcò i confini del Regno borbonico il 10 ottobre 1860.

L’esercito sabaudo avanzò lungo la costa adriatica e si diresse verso la Terra di Lavoro, dove erano stati inviati, per ostacolare l’avanzata piemontese, un migliaio di soldati borbonici, comandati dal generale Luigi Scotti-Douglas, supportati anche da alcune migliaia di contadini insorti, le cui ribellioni, ormai, si stavano diffondendo sempre più nel Molise, nell’Abruzzo e nel Sannio.

Il 17 ottobre, infatti, una colonna di circa 1.200 volontari comandata da Francesco Nullo, partita da Maddaloni per ristabilire l’ordine, venne attaccata e sconfitta, fra le gole di Pettorano e Castelpetroso, vicino Isernia, da alcuni reparti borbonici affiancati da migliaia di contadini insorti.

Tre giorni dopo, però, il 20 ottobre, le truppe sabaude comandate dal generale Cialdini sconfissero i borbonici e le bande contadine al passo del Macerone ed occuparono Isernia. Nei giorni successivi l’esercito piemontese occupò Venafro e si diresse verso Capua mentre le truppe borboniche, temendo di essere accerchiate, si ritirarono verso il fiume Garigliano lasciando soltanto una guarnigione a Capua.

La ritirata dei borbonici permise a Garibaldi, con i suoi uomini, di passare il Volturno il 25 ottobre e di avanzare verso Teano per incontrare l’esercito piemontese.

Il generale, che veniva da Caiazzo, e Vittorio Emanuele II, che veniva da Venafro, si incontrarono, la mattina del 26 ottobre 1860, lungo la strada che porta a Teano, al quadrivio di Taverna della Catena, presso Vairano, nel punto dove si incontrano le strade di Cassino-Calvi e Venafro-Teano.

Dopo aver cavalcato insieme per alcuni chilometri, scesero da cavallo, probabilmente nei pressi del ponte di Caianello, e continuarono la loro conversazione seguiti dai loro ufficiali. Poi ripresero a cavalcare e arrivarono a Teano dove il re si diresse verso Palazzo Caracciolo mentre Garibaldi si avviò in una stalla ai margini del paese.

Vittorio Emanuele II, nel colloquio con Garibaldi sulla strada per Teano, gli comunicò che le operazioni militari, da quel momento, sarebbero state condotte dall’esercito regio e che avrebbe concesso ai volontari di essere soltanto la riserva delle truppe che combattevano sul Volturno.

Per i liberali, Cavour in testa, era fondamentale dimostrare alle diplomazie europee che l’avventura rivoluzionaria era finita e che l’ordine politico-sociale veniva garantito da una monarchia che metteva fine alla dittatura garibaldina e si poneva come argine per l’invasione dello Stato pontificio e di Roma.

L’intransigenza sabauda, probabilmente, era il pegno che andava pagato nei confronti delle diplomazie europee che vedevano nella formazione dello Stato nazionale italiano un pericoloso sovvertimento dell’assetto internazionale elaborato dal Congresso di Vienna.

L’incontro tra il re Vittorio Emanuele II e Garibaldi, che una retorica celebrativa ha spesso rappresentato come il risultato della concordia tra le differenti forze politiche che concorsero all’Unità d’Italia, significò, piuttosto, il definitivo passaggio della leadership del processo di unificazione nazionale dai democratici ai liberali.

D’altronde il rapporto di forze tra i mazziniani e i garibaldini, da un lato, e il “partito” liberal-monarchico, dall’altro, era già stato profondamente modificato con l’indizione dei plebisciti che, il 21 ottobre, avevano certificato l’annessione del Mezzogiorno continentale e della Sicilia al Regno sabaudo.

Lo svolgimento dei plebisciti, infatti, ponendo fine alle forti tensioni che, sin dal mese di giugno, avevano contrapposto i fautori dell’annessione dei territori conquistati, come il marchese Giorgio Pallavicino, ai sostenitori dell’Assemblea costituente aveva di fatto sanzionato la vittoria e l’egemonia moderata sul processo di unità nazionale.

D’altro canto, l’evoluzione dei combattimenti sul Volturno aveva già fatto comprendere a Garibaldi dell’assoluta necessità, per le sorti della campagna militare, dei battaglioni sardi. E infatti, la sua prima richiesta a Vittorio Emanuele II, non appena il re varcò il Tronto, consistette nel riconoscimento dei gradi per i suoi ufficiali.

Inoltre, Garibaldi era ben consapevole, che lo svolgimento dei plebisciti il 21 ottobre aveva segnato non solo la sconfitta di coloro che volevano l’Assemblea costituente, ma anche dei mazziniani più intransigenti che volevano portare la rivoluzione nello Stato pontificio per andare alla conquista di Roma.

I margini di iniziativa per Garibaldi, una volta esclusa ogni ipotesi di conflitto fratricida con le truppe regie, si erano dunque ridotti soltanto all’attesa di Vittorio Emanuele II e dell’esercito piemontese. L’incontro tra il “duce dei Mille” e il re sabaudo sancì, però, anche l’inizio di quel processo di emarginazione dei garibaldini dalla scena politica e militare nazionale che caratterizzò gli anni successivi l’Unità d’Italia.

Nel volgere di poco tempo – anche se i volontari collaborarono alla presa di Capua sotto il comando del Generale Enrico Morozzo Della Rocca – l’Esercito meridionale garibaldino venne sciolto aprendo un lungo periodo di polemiche e di contrasti politici.

L'incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, o incontro di Teano, avvenne il 26 ottobre del 1860 ed è l'episodio della storia risorgimentale con il quale si concluse la spedizione dei Mille.

Il re di Sardegna Vittorio Emanuele II aveva occupato i territori pontifici nelle Marche e nell'Umbria ed era andato incontro a Giuseppe Garibaldi, che aveva respinto il tentativo di controffensiva dell'esercito borbonico nella battaglia del Volturno e aveva completato la conquista del Regno delle Due Sicilie.
L'intervento piemontese, sotto il profilo internazionale, aveva lo scopo di impedire che la spedizione continuasse fino alla conquista di Roma, che avrebbe provocato l'intervento di Napoleone III e messo a repentaglio le conquiste effettuate.
Sotto il profilo interno, la questione delle ricadute politiche della spedizione era già stata affacciata nella lettera con cui, nel settembre 1860, Vittorio Emanuele II aveva respinto l'invito dell'Eroe dei due mondi di "licenziare il Ministero" congedando Cavour e Farini.
L'incontro avvenne una mattina autunnale molto umida e Garibaldi aveva la testa fasciata alla buona con un fazzoletto colorato e assisteva al passaggio delle truppe piemontesi, quando ad un certo momento si sentì suonare la marcia reale e gridare le parole "Il re! Viene il re!".
Garibaldi ed il suo seguito montarono a cavallo avanzando sul fianco della strada e alla loro vista Vittorio Emanuele II si slanciò per incontrarli, quindi Garibaldi si scoprì la testa fasciata gridando:
«Saluto il primo Re d'Italia ! »
Il re allungò la mano e Garibaldi fece altrettanto stringendola, i due uomini restarono con le mani unite per più di un minuto.
« Come state, caro Garibaldi? »
« Bene, Maestà, e Lei? »
« Benone.»
(Garibaldi e la formazione dell'italia, G.M. Trevelyan, pagg. 341-342)
Poi i due gruppi di piemontesi e garibaldini procedettero assieme per un certo tratto dialogando in fredda cortesia, quando Garibaldi ed i suoi svoltarono a sinistra ritornando a Calvi, mentre il re proseguiva per Teano.
«Donato il regno al sopraggiunto re, / ora sen torna al sasso di Caprera / il Dittatore. Fece quel che poté. / E seco porta un sacco di semente.»
(da La notte di Caprera in Elettra di Gabriele D'Annunzio)
Garibaldi ottenne che i volontari garibaldini entrassero, dopo una selezione, nell'esercito regolare sardo, con il medesimo grado rivestito nella spedizione e si ritirò a Caprera.
L'incontro ebbe il significato di un'adesione del generale alla politica di Casa Savoia, deludendo le aspettative di coloro che auspicavano la fondazione di una repubblica meridionale di stampo mazziniano, che avrebbe dovuto in seguito estendersi anche ai domini papali, conquistando Roma.

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