segunda-feira, 28 de janeiro de 2019

Roma ou Morte (Roma o Morte) - Gioacchino Toma

Roma ou Morte (Roma o Morte) - Gioacchino Toma
Localização atual não obtida
OST - 1863

 Il dipinto mostra garibaldini imprigionati dopo lo scontro, fra questi uno sta scrivendo sul muro il loro motto e "Viva Garibaldi".

Roma o morte è la frase che, secondo un orientamento oramai tendenzialmente convergente nella storiografia risorgimentale, Giuseppe Garibaldi pronunciò in occasione del discorso tenuto durante il raduno delle Camicie Rosse a Marsala, il 19 luglio del 1862, annunciando la partenza dei volontari garibaldini dalla Sicilia per la risalita della Penisola alla conquista di Roma, per la sua liberazione dal potere temporale del Papa, pur dopo l'Unità d'Italia compiutasi un anno prima, il 17 marzo 1861, dopo la conclusione della Seconda Guerra di Indipendenza e della successiva Spedizione dei Mille.
Dopo il rientro a Caprera, successivamente alla conclusione della fase risorgimentale che fu coronata con la proclamazione del Regno d'Italia, Garibaldi continuò a meditare di organizzare una nuova spedizione che mettesse fine all'anomalia del nuovo Stato, nel quale la città storicamente fondatrice della civiltà di cui esso si proclamò degno erede non era ancora ricompresa all'interno dei suoi confini. Per di più, Roma restava sotto la sovranità di un'autorità ecclesiastica che rappresentava l'antitesi dei valori di libertà e di indipendenza di cui il Risorgimento era stato sino ad allora portatore e fautore (vedi anche: Questione romana).
Incoraggiati inizialmente - in modo più o meno esplicito - dall'allora Primo Ministro Urbano Rattazzi, "un gruppo di volontari guidati da Garibaldi mossero dalla Sicilia per risalire verso Roma attraverso l'Italia meridionale".
Tuttavia, le condizioni politiche internazionali fecero subito comprendere che l'intento di Rattazzi avrebbe rischiato di mettere in seria difficoltà politico-diplomatica il nuovo Stato e il suo Governo, soprattutto per la netta opposizione di Napoleone III, che da sempre si era erto a difensore del diritto dello Stato Pontificio di mantenere i suoi possedimenti a Roma e nel Lazio, anche in virtù del forte appoggio e consenso sul quale la posizione di Napoleone III poteva contare nell'opinione pubblica cattolica francese.
Sbarcate in Calabria, le Camicie Rosse compresero sin da subito che non avrebbero potuto contare sulla benevolenza dell'esercito regolare di Vittorio Emanuele II (la stessa marina regia aveva cercato di impedirne, invano, lo sbarco in Calabria), e che il Governo Rattazzi aveva addirittura fatto marcia indietro rispetto alla iniziale linea politica di condiscendenza verso l'iniziativa.
Fu così che si arrivò al ben noto episodio dell'Aspromonte (Giornata dell'Aspromonte), in Calabria, nel quale le truppe garibaldine furono attaccate dall'esercito regolare e sbaragliate, mettendo così fine all'impresa del Generale, e nel quale lo stesso Garibaldi venne ferito alla coscia sinistra ed alla caviglia destra, riportando conseguenze che nel tempo lo avrebbero costretto progressivamente alla deambulazione su di una sedia a rotelle.

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