Roma - Itália
Museu do Risorgimento Milão
OST - 253x413 - 1880
Nel 1880 Carlo Ademollo dipinse la drammatica
vicenda avvenuta all’interno del lanificio di proprietà di Ajani: nel 25
ottobre del 1867 il direttore della fabbrica era Francesco Arquati, marito di
Giuditta Tavani, entrambi di famiglia agiata, imprenditori borghesi di Roma.
Quest’ultima, figlia di un combattente della Repubblica romana, era cresciuta
nel culto eroico della libertà ed è in questo contesto che Giuditta aderisce al
movimento insurrezionale.
Nel lanificio, un gruppo di rivoluzionari
lavora a preparare cartucce, per errore un’arma esplode mentre
passano una pattuglia di gendarmi e due zuavi: la forza pubblica interviene
colpendo e uccidendo i componenti, presenti, della famiglia Arquati.
La vicenda ebbe enorme importanza e Ademollo la
trasferì in questo dipinto.
L’impianto del quadro, dalle grandi dimensioni,
armonizzato in equilibrati accordi cromatici, è severo. La figura del
carabiniere, ritratto di spalle, divide in due parti il dipinto.
L’episodio dell’eccidio è rappresentato, con
dovizia di particolari nella descrizione delle divise, delle armi, nelle
espressioni dei volti dei caduti, e sui visi dei gendarmi e degli zuavi si
coglie lo sconcerto e l’incredulità alla vista della scena.
Nella quadratura di destra emergono la figura del
curato e del ferito bendato sull’occhio sinistro, tre carabinieri con fucili in
pugno, tutti avvolti da tinte più brillanti rispetto al resto dell’opera.
I tre corpi della famiglia Tavani Arquati, fulcro
centrale dell’opera, sono riversi senza vita sul pavimento fra i gendarmi e la
madre gravida che cinge il figlio acuisce la drammaticità della scena.
Il senso realistico della vicenda rappresentata è
dato anche dalla descrizione del fumo della battaglia appena terminata e dalla
prospettiva dell’interno della fabbrica.
In questa immagine si evince che il Risorgimento è
stato una vera guerra con martiri ed eroi.
Durante il conflitto della seconda guerra mondiale
la tela subisce un arrotolamento su cilindro di legno realizzato con delle aste
a spigolo vivo che segneranno in modo indelebile il supporto cellulosico, che,
avendo una sua memoria anche dopo la foderatura dell’intervento di restauro
presumibilmente risalente agli anni sessanta, si è riproposta prepotentemente.
Questo modo di salvaguardare le opere dai
bombardamenti riguarda diversi dipinti di grande formato che ora sono collocati
all’interno del museo del Risorgimento.
Le opere che hanno vissuto la stessa esperienza
hanno riportato traumi sul supporto cellulosico e sugli strati soprammessi che
costituiscono il dipinto ma confutando la capacità pittorica dei pittori
“risorgimentali” di rendere i materiali costitutivi molto elastici, perché oggi
con un intervento di restauro adeguato possono ritrovare la planarità
originale.
Giuditta Tavani Arquati (Roma, 30 aprile 1830 – Roma, 25 ottobre 1867) è stata una patriota italiana.
Figlia di Adelaide Mambor e Giustino Tavani, un difensore della Repubblica Romana trasferitosi in esilio a Venezia dopo aver scontato una lunga pena nelle carceri pontificie, Giuditta crebbe in un ambiente che le fece acquisire saldi
principi laici e repubblicani.
Giuditta
Tavani Arquati nacque il 30 aprile 1830 a
Roma sull'isola Tiberina e fu
battezzata lo stesso giorno presso la chiesa di San Bartolomeo
all'Isola. Si sposò a quattordici anni, il 22 luglio 1844,
nella parrocchia romana di San Crisogono, con Francesco Arquati, conosciuto nel magazzino di stoffe di suo
padre.
I due sposi combattono insieme per la difesa
della Repubblica Romana, che
cadde in mani francesi nel 1849. Seguirono allora i fuorusciti verso l'Adriatico,
con Garibaldi, e si rifugiarono a Venezia. Successivamente, ancora ricercati passarono nelle
Romagne, dove continuarono a cospirare, trasferendosi poi a Subiaco. Nel 1865 rientrarono
in Roma nascostamente per organizzarne la liberazione. Qui frequentarono la
casa ed il lanificio di Giulio Ajani (1835-1890), altro patriota, alla Lungaretta
in Trastevere.
La mattina del
25 ottobre 1867, giorno in cui Garibaldi prendeva Monterotondo nel corso della terza spedizione per
liberare Roma, una quarantina di patrioti, di cui 25 romani, si riunirono
in via della
Lungaretta 97, nel rione romano di Trastevere, nella sede del lanificio di Giulio Ajani, per
decidere sul da farsi. Il gruppo preparò una sommossa per far insorgere Roma
contro il governo di Pio IX. Deteneva delle cartucce e un
arsenale di fucili, si auspicava un intervento diretto di Giuseppe Garibaldi a
Roma. Lo Scontro di Villa Glori del
23 ottobre 1867, poteva far pensare che fosse l'inizio di una rivolta.
Alla riunione partecipò anche la Arquati, con il marito e uno dei tre figli della coppia, Antonio. Verso le 12 e mezzo, una pattuglia di zuavigiunta da via del Moro attaccò la sede del lanificio. I congiurati cercarono di resistere al fuoco. In poco tempo, però, le truppe pontificie ebbero la meglio e riuscirono a farsi strada all'interno dell'edificio. Alcuni congiurati riuscirono a fuggire, mentre altri furono catturati. Sotto il fuoco rimasero uccise 9 persone, tra cui Giuditta Tavani Arquati, incinta del quarto figlio, il marito e il loro giovane figlio.
Alla riunione partecipò anche la Arquati, con il marito e uno dei tre figli della coppia, Antonio. Verso le 12 e mezzo, una pattuglia di zuavigiunta da via del Moro attaccò la sede del lanificio. I congiurati cercarono di resistere al fuoco. In poco tempo, però, le truppe pontificie ebbero la meglio e riuscirono a farsi strada all'interno dell'edificio. Alcuni congiurati riuscirono a fuggire, mentre altri furono catturati. Sotto il fuoco rimasero uccise 9 persone, tra cui Giuditta Tavani Arquati, incinta del quarto figlio, il marito e il loro giovane figlio.
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